La poesia e i suoi simboli.
titolo
    4433
(dal 12.4.2005)
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copertina notte dei treni

Dedica

A Sara‘h Coodigan, figlia del nulla
che il tempo ha abbandonato
nella notte dei segreti.

Editore: ANDREA LIPPOLIS
Collana: Poesia
Pagine: 127
Prezzo: 10,00 euro
Anno di prima edizione: 2003
ISBN: 88-86897-11-1

Versi sciolti
- La notte dei treni [prima parte]
- Nessuna notte [seconda parte]


In copertina:
Rocco Futia, Dalla notte all’alba,
(foto archivio privato, 2002)
Critica

La poetica dell’erranza
(di Anita FABIANI)

La Comparsa

 

La Comparsa sopravanza la scena

mentre il cuore zolfigno

rimanda al poeta smemorato

e alla cenere

d’una cattedrale cresciuta nel silenzio.

 

La Comparsa sorregge l’attore di schiuma

mentre la nebula di rosa

avvolge la clessidra dell’idolatra

e il volto d’una corsara un po’ bugiarda

che invoca nuovamente la notte dei treni

per chiudere il tempo

e lo scrigno che separa dall’abisso.

 

La Comparsa supera la parola del poeta

e l’orgoglio della maschera:

come una brezza sonnolenta

si leva dalla tenebra rossastra,

quasi all’alba,

per un incontro nella sala del tè

dove la luce alza spire di tabacco

e le labbra

assaporano le labbra dell’incenso e della rosa.

 

La Comparsa è un’ombra senza senso,

con bocca di bestemmia

e mani di mollica.

E si vede regina dentro il cono azzurrastro

che obliqua la scena.

È una strana credenza gettata all’incanto,

con piedi malfermi

e pancia come otre gonfio di lezzi.

 

La Comparsa eccede il mistero della scena

e la grandezza dell’inganno,

come il volo d’un fantasma

sospende nel nulla il sogno d’un cuore.

 

La Comparsa non ha un’anima sua:

figlia d’uno strambotto

dietro le quinte

s’atteggia a parlante di rango

e si sente essenziale,

e percorre più volte il centro d’una farsa

che prende il tempo al contrario

e la luce a tranello,

in un balocco della mente

che fa ridere il volgo.

 

La comparsa nella sala del tè,

quasi al tramonto d’un giorno di novembre,

si consuma come una serenata di ieri

che soverchia più voci smagate:

e siamo noi a baciarci le labbra

cantando versetti d’amore,

siamo noi a cullarci appagati

e a tenerci il mistero d’una fuga segreta

ai confini dell’otto di dicembre,

siamo noi a crederci angeli

che vivono la notte duplicata degli amanti,

ribelli

perché fuggiti dalla dimora di corallo

perché i numeri strani della sorte coincidono appieno

e segnano il tempo

d’una storia più vera del sogno.

 

«La Comparsa sei tu,» mi stai dicendo,

«quando torni nel sogno d’un altro.

E l’altro sono io,

la figlia d’un inganno senza di te.»

[pp. 30-32]
Rocco Futia © 2002-2022