LEONARDO PASQUONZO (rampollo, letterato...)
In questo nuovo volume, Rocco Futia si allontana dalla linea finora seguita, per abbracciare una nuova e più agile tecnica narrativa e un differente stile: l’aspetto filosofico, che comunque sottende anche quest’opera, non è più esplicitato, infatti, attraverso ermetiche narrazioni di poetica musicalità, né attraverso enigmatici dialoghi su grevi problemi esistenziali, né tantomeno attraverso emblematiche sentenze aforistiche, in cui pure l’autore riesce a mantenere un tono poetico-filosofico. Questa volta, con accenti sarcastici ed ironici, e con qualche tocco surrealista, Rocco Futia dà la sua visione della società attuale: la mancanza di meritocrazia fa sì che il prestigio – compreso quello letterario – sia, a volte, detenuto da personaggi di effimero spessore culturale; personaggi come Leonardo Pasquonzo, appunto, che, dietro la pressante spinta dell’amata Firmina, cerca continuamente un riconoscimento pubblico per la sua “bravura”, senza rendersi conto che l’opera letteraria non nasce dal semplice desiderio di ‘scriverla’. Comunque, la sua non è una ricerca d’affermazione ad alti livelli: la vanità spinge il personaggio più ad apparire, che ad essere; si accontenta, pertanto, dei limitati orizzonti paesani, dove è riconosciuto leader di un fantomatico Circolo Letterario Ambulante (e naturalmente, nella sua mente, egli ingigantisce ogni cosa di cui è protagonista, e si sente gratificato, pensando di aver raggiunto vette eccelse). L’autoconvincimento, dunque, fa sì che Pasquonzo si senta una specie di superuomo nietzscheano. Con una sola variante: in quella veste egli è ironizzato e ridotto a insignificante miniatura, finché non è ‘martirizzato’ dalla sua stoltezza. Forse per questo Futia può ergerlo a eroe (o anti-eroe) della storia. |