LA NOTTE DEL KHARMEIL
«Labisso
che ci separa da noi stessi (se mai ci separa) è così
impercorribile che vi sprofondiamo senza neppure accorgercene,»
diceva la voce tibetana, dispiegandosi lieve e veloce tra un arco
e laltro del tempio.
«Labisso che ci separa dagli altri e dalle cose (se mai
ci separa) è senza limiti: vi sconfiniamo più di mille
volte al giorno senza sapere perché. Alla fine ci rimarrà
solo un po di cenere da spargere al suono del corno,»
faceva eco il coro, affondando il mistero della cattedrale di pietra
grigia.
[
]
«Ogni sera tenta di cogliere una voce, lontana nel tempo, assai
vicina però nella sua memoria.»
«Una voce?»
«La voce di una giovane, il cui volto è dipinto per sempre
nel suo sguardo rivolto a ponente.»
[
] la notte più incantata e più diabolica di
tutte: la notte del Kharmeil.
[
] alla fine, si può ben dire che Mahalayad è
un immenso impero di ruffiani e prostitute, di visionari e mercanti,
di nobili in complotto e senza scrupoli, di patriarchi che hanno dimenticato
i versi dei semplici e sono inclini alla lussuria, di cartomanti che
cercano ogni giorno di svelare un arcano o un intrigo maledetto, di
danzatrici che sognano unalba di velluto e un velo leggendario.
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